bio

- albero genealogico

    segno cromito (tartaruga)

- Antonio
   (1544-1560)

+ l'Accademia
+ Il beneficio di Cristo

- Cornelio il vecchio
   (1557-1559)

- eredi di Cornelio
   (1560-1565)

- Paolo & fratelli
   (1565-1573)

- Andrea
   (1573-1574)

- Paolo
   (1575-1592)

- Cornelio il giovane
   (1590-1595)

- Francesco
   (1593-1606)

- Antonio il giovane & Filippo
   (1606-1629)

    segno cromito (tartaruga)

- documenti

+ l'abiura (14-10-1559)

[a cura di a.l.]

Antonio Gadaldini (1544-1560) + l'Accademia

Gli anni '30 e '40 a Modena sono segnati dall'attività della cosiddetta Accademia dei Grillenzoni, un gruppo che prendeva il nome dalle riunioni tenute nella casa di Giovanni Grillenzoni, medico che era stato allievo di Pomponazzi, e nella spezieria di un suo fratello, dove erano soliti riunirsi intellettuali come Lodovico Castelvetro, Filippo Valentini, Giovanni Bertari, Francesco Porto.

Le riunioni erano contraddistinte da una discussione aperta e fondata sulla lettura e interpretazione dei testi, che inizialmente sembra fossero soprattutto i classici greci, latini, italiani (la citazione che segue è tratta dal pezzo di Castelvetro su Giovanni Grillenzoni, all'interno delle Vite d'alcuni letterati del suo tempo pubblicate nell'Appendice a Cavazzuti, p. 4):

Et così furono interpretati i più difficili libri della lingua latina [...] et i più difficili della lingua greca. Si leggeva senza pompa di parole, di prologo, né si interpretavano se non i passi più difficili, sopra i quali ognuno degli ascoltatori poteva dir liberamente il parer suo, et si faceva giudicio delle cose lette [...], approvandole o riprovandole.

"Un esercizio all'analisi filologica e al giudizio critico -- commenta Peyronel Rambaldi, p. 231 -- che doveva risultare altrettanto proficuo se applicato alle questioni di fede". Cosa che effettivamente avvenne. È significativo infatti che tutti i nomi più noti di questa Accademia finiscano processati dall'Inquisizione.

Già nei suoi Paradossi, pubblicati a Lione nel 1543, Ortensio Lando segnala come particolarità dell'Accademia modenese l'interesse preponderante rivolto "alle questioni di fede", per usare i termini di Peyronel Rambaldi. Al numero XXVII della serie, Lando si propone di "mostrare che il Bocaccio, tenuto da ciascuno prosator sì dolce e sì facondo, non sapesse scrivere, e che l'opere sue non meritino esser da' studiosi lette". Si aspetta, scrive, gli attacchi furiosi di tutte le accademie d'Italia, che elenca una a una: quella degli Infiammati di Padova, gli Intronati di Siena, i Balordi di Lucca, ...

E troppo a che fare mi darebbe quella di Modena se rivolto non avesse i suoi studi alla intelligenza delle divine scritture.

"Alludendo con ciò all'impacciarsi, che fecero quegli Accademici -- chiosa Tiraboschi, I, p. 6 -- nelle controversie della fede a quei tempi eccitate". E Tiraboschi, I, p. 7-10, fa risalire "le turbolenze dell'Accademia", ovvero la sua fuoriuscita da "i confini dell'amena Letteratura", allo scontro con don Serafino Aceti, il predicatore che si era prodigato per bandire come eretico il Sommario della Sacra Scrittura. L'episodio risale al dicembre 1537; si è riferito qui, parlando di Antonio Gadaldini, come primo segnale della sua eterodossia.

Non un'accademia quindi nel senso canonico, e infatti quel nome era stato dato al gruppo da chi ne prendeva le distanze, come Lancillotti, mentre non fu mai fatto proprio dai suoi membri. Citiamo ancora Peyronel Rambaldi, p. 231:

[...] gli accademici avevano un'effettiva presenza culturale nella città e le loro prese di posizione ebbero sempre risonanza, sia che difendessero un predicatore dagli attacchi dell'inquisizione, sia che favorissero il feroce dileggio nei confronti di un altro, sia che mostrassero pubblicamente il proprio dissenso per ogni forma di religiosità superstiziosa. [...] L'Accademia divenne in questi anni anche il punto di riferimento e di incontro per tutti quegli eterodossi che, ricercati in altre città, in fuga e sotto processo, passavano per Modena e vi propagandavano le proprie dottrine: l'eterodosso siciliano Camillo Renato, il minorita veneziano Bartolomeo Fonzio, il tessitore bolognese Tommaso Bavella, che in Modena svolsero un'azione importantissima per il movimento riformatore.