Università di Modena e Reggio Emilia -
Biblioteca universitaria giuridica
Fondo antico - Immagini della Giustizia: antiporte: Ansaldi, De principiorum legis naturalis traditione
testatine
(1), (2)
finalini
capilettera
attributi
storia (1), (2), (3)
"persona"
varie:
mano, occhio
triangoli (1), (2)
simmetria
Hypnerotomachia
[a cura di a.l.]
antiporte e frontespizi incisi:
C.I. Ansaldi, De principiorum legis naturalis traditione ..., 1742
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Le parole sul nastro sorretto dagli angeli, in alto, sono tratte dal salmo 118, v. 105: Lucerna pedibus meis verbum tuum et lumen semitis meis ("Lampada per i miei passi è la tua parola e luce sul mio cammino"). La legge naturale di cui tratta l'opera di Ansaldi, domenicano, si identifica con la parola di Dio attraverso la quale il mondo è stato creato.
Iuravi et statui custodire iudicia iustitiae tuae, continua il salmo: "Ho giurato e ho deciso di custodire i giudizi della tua giustizia".
In alto a sinistra la Natura e il fuoco originario della sua legge, che è legge divina, da cui si irraggia la luce che raggiunge l'Eden. Di qui, attraverso Adamo, si riflette in basso a sinistra verso la figura di un sapiente che a sua volta la riflette verso quattro creature mostruose che occupano la scena alla sua destra: le quattro bestie delle visione di Daniele, capitolo 7.
Il percorso della luce in quest'immagine andrà confrontato con quello dell'antiporta della Scienza nuova di Vico.
In entrambi i casi la luce scende dall'alto e chi la riceve alza lo sguardo alla fonte di questa luce: qui la Metafisica si volge all'occhio divino; nell'opera di Ansaldi Adamo fissa l'originario fuoco della legge naturale mentre la figura nell'angolo in basso a sinistra guarda, a sua volta, Adamo.
In entrambi i casi, dopo il primo irraggiarsi, il passaggio della luce verso gli strati inferiori dell'essere avviene attraverso una superficie che la riflette: un "giojello convesso" sul petto della Metafisica di Vico; lo specchio impugnato da Adamo e dalla figura in basso a sinistra.
La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. [...] Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia (Corinzi 1, 13, 9-12).
Se è chiaro il senso, in quest'immagine, dell'origine divina della legge naturale, resta
da capire cosa possono significare qui, in primo piano, le quattro bestie della visione
di Daniele.
Nel libro del profeta vengono interpretate come figure del succedersi di quattro
diversi regni, sempre più terribili. Con l'ultimo il male giunge al colmo: allora -- e solo allora, in Daniele
come poi nell'Apocalisse di Giovanni -- Dio giudicherà il mondo.
Nel caso della nostra antiporta la visione di Daniele viene messa in relazione con il degradarsi della luce nella sua discesa dalla sfera celeste a quella terrena, che dopo la Caduta comporta, nel suo ultimo stadio, la divisione in quattro diversi raggi luminosi corrispondenti ai quattro animali.
Gli animali, con il loro aspetto minaccioso, sono il frutto di un disperdersi e corrompersi nel corso della storia dell'originaria integrità della legge naturale. Il contatto con la sorgente luminosa, per quanto mediato, non è interrotto, ma la speculazione umana avrebbe perso il senso della sua origine divina.
vedi anche:
altra immagine dell'antiporta con ingrandimenti di particolari
il frontespizio dell'opera
frontespizio inciso di altra opera del Fondo antico della biblioteca
dove sono raffigurate le quattro bestie della visione di Daniele (con il testo di Daniele 7)
le quattro bestie di Daniele nella Camera dei Sogni
del Palazzo ducale di Sassuolo